
DANIELE 10, 11 E 12
LA GRANDE VISIONE FINALE
La grande visione finale è costituita per la maggior parte di un discorso pronunciato da un uomo comparso in visione a Daniele (Daniele 10:20-12:4), tale discorso è profetico e ci si riferisce a volte ad esso come a "Daniele 11" (in realtà inizia un po' prima e finisce un po' dopo il capitolo 11). Esso è preceduto dal racconto di un digiuno da parte di Daniele e dell'inizio della visione, con alcuni dialoghi tra Daniele gli uomini apparsigli (Daniele 10:1-19) e seguito dall'epilogo (Daniele 12:5-13), in cui, prima della conclusione, Daniele è perlesso, ma gli vengono rivelate informaioni aggiuntive (quanto comprensibili siano dal punto di vista di Daniele, non è chiaro) e viene esortato ad avviarsi verso la fine, con la promessa che riceverà la sua parte di eredità "alla fine dei tempi" (Daniele 12:13).
La prima parte della visione comprende un'indicazione temporale: nel terzo anno di Ciro (c. 10 v. 1); potrebbe corrispondere circa all'anno 537 a.C., perché la conquista di Babilonia avvenne nel 339 a.C. che sarebbe quindi il primo anno di Ciro per Daniele. Il testo dal c. 10 v. 2 descrive un digiuno di tre settimane da parte di Daniele, seguite dalla visione. L'uomo apparso in visione afferma di aver desiderato rispondere alla perghiera di Daniele fin da subito, ma di essere stato trattenuto per 21 giorni (cioè tre settimane, la durata del digiuno di Daniele) per lottare contro il "principe di Persia" fino ad avere ricevuto l'aiuto di "Michele, uno dei primi capi" (c.10, vv. 12-13). Esistono differenti possibili interpretazioni di questo passo: una è che il principe di Persia sia una potenza "angelica"" (non necessariamente "buona") assegnata al regno di Persia, mentre a Michele difende il popolo di Dio (vedere c. 10 v 21 e c. 12 v. 1).
Che cosa spinge Daniele a pregare e digiunare? Il testo non lo dice, però, sappiamo dal capitolo precedentre che si aspettava la fine dell'esilio di Babilonia e un nuovo tempio in cui ci saranno offerte a Dio (Daniele 9:1-2,17,26-27). Perciò, per quanto riguarda i 21 giorni, è stato ipotizzato che, se ciascuno di essi rappresentasse un anno come nel caso delle "settanta settimane", il fatto che il principe di Persia trattenga il messaggero per 21 giorni potebbe significare che il regno di Persia tarderà 21 anni a permettere al popolo di Dio la ricostruzione del tempio. La ricostruzione iniziò nel sesto anno di Dario (Esdra 6:14-16), circa il 516 a.C. cioè 21 anni dopo il 537, l'anno della visione. Questa identificazione del possibile significato dei 21 giorni è solo ipotetica, perché il testo non dà un'intrerpretazione di questo numero, a differenza di altre parti del Libro di Daniele dove c'è una spiegazione esplicita fornita.
Questa prima parte, prima del lungo discorso profetico, dice quale sia l'argomento della rivelazione: la descrizione di una "grande lotta" (c10 v1); a Daniele viene detto dal messaggero "sono venuto a farti conoscere ciò che avverrà al tuo popolo negli ultimi giorni; perché è ancora una visione che concerne l'avvenire" (c10 v14). Si parla degli ultimi giorni in relazione al popolo di Daniele, cioè il popolo ebraico. Ciò è confermato più avanti in Daniele 12:6-7, dove è detto che la fine delle cose straordinarie profetizzate nella visione avverrà "quando la forza del popolo santo sarà interamente spezzata".
Prima della lunga profezia, il messaggero dice a Daniele che gli vuole "far conoscere ciò che è scritto nel libro della verità" (c10 v21); questa menzione di un libro della verità suggerisce che il messaggero stia recitando o leggendo qualcosa di scritto in un libro (ciò non deve stupire: si parlava di libri anche nella visione delle quattro bestie in Daniele 7:10). Più tardi, in Daniele 12:4, viene detto al profeta di sigillare "il libro sino al tempo della fine"; è possibile che il libro che deve essere sigillato da Daniele sia proprio il libro della verità menzionato dal messaggero (c10 v21).
Da notare che il discorso profetico termina con l'annuncio della resurrezione: "Molti di quelli che dormono nella polvere della terra si risveglieranno; gli uni per la vita eterna, gli altri per la vergogna e per una eterna infamia. 3 I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento e quelli che avranno insegnato a molti la giustizia risplenderanno come le stelle in eterno." (Daniele 12:2-3). A Daniele, proprio alla fine del libro, viene promesso di ricevere la sua parte di eredità nella resurrezione (Daniele 12:13). Il tema della risurrezione con la salvezza per i giusti o della eterna infamia, spiega uno dei modi in cui Dio opera salvezza giustizia anche quando ciò non sembra evidente dallo svolgersi della storia umana. Per esempio in Daniele 3:17-18, i tre amici di Daniele avevano dichiarato la possibilità che Dio potesse non intervenire per salvarli dalla morte nella fornace ardente; ciò significa che Dio è dalla parte dei suoi servi che hanno subito ingiustizie anche se lo svolgersi della storia umana sembrerebbe dire il comntrario, perché Dio darà loro salvezza, riscatto e vita eterna alla risurrezione.
Daniele 2, il sogno della statua
Daniele 7, le quattro bestie
Daniele 8, il montone e il capro
Daniele 9, le settanta settimane
Daniele 10, 11 e 12, la grande visione finale