
Daniele 8
IL MONTONE E IL CAPRO
Il capitolo 8 di Daniele è più chiaro rispetto ad altre parti del libro (per questo qui è trattato prima del capitolo 7), perché nel testo stesso è fornita un'interpretazione che identifica i regni simboleggiati nella visione: si parla dei re di Media e Persia e del re di "Javan"; questo nome indica un popolo europeo che è identificato senza particolari criticità con quello greco, e per questo molte traduzioni rendono il termine "Javan" direttamente con "Grecia" senza translitterare il termine ebraico.
I versetti che inquadrano il contesto storico di riferimento per la visione sono Daniele 8:1,20-21 dove si dice che:
-la visione avviene al tempo di Baldassar (re babilonese)
-il montone rappresenta i re di Media e Persia
-il capro rappresenta il re di Grecia (termine ebraico "Javan").
Utilizzando i re babilonesi della parte narrativa come "ancora storica" (Baldassar visse nel VI secolo a.C.) è possibile collocare storicamente i regni a cui si fa riferimento in Daniele 8.
Storicamente l'impero Achemenide, frutto della conquista del regno dei Medi da parte dei Persiani (nel 550 a.C.) conquistò quello Neo-Babilonese nel 539 a.C. Nel Libro di Daniele ciò è descritto nella parte narrativa (in particolare in Daniele 5:28-31), dove il dominio da parte di Medi e Persiani segue il dominio dei Caldei (ossia i Babilonesi). I re di Media e Persia del versetto 20 sono quindi quelli dell'impero Achemenide (impero Medo-Persiano), che storicamente durò fino al 331 a.C. quando fu soppiantato dall'impero di Alessandro detto "Magno" (Impero detto Greco, Macedone o Ellenistico). Ciò è simboleggiato in Daniele 8:5-7 dal capro che vince il montone: il montone (Media e Persia nel versetto 20) rappresenta quindi l'impero Achemenide, mentre il capro (Grecia o "Javan", nel versetto 21) è l'impero di Alessandro Magno.
Da qui il testo continua al versetto 8 descrivendo la divisione dell'Impero di Alessandro Magno verso i quattro punti cardinali (storicamente, con la sua morte l'impero fu diviso). Le quattro maggiori divisioni dell'Impero Greco furono l'Impero Tolemaico (in Egitto), L'Impero Seleucide (in Siria), il Regno di Pergamo e il Regno di Macedonia. Ciò è rappresentato dai quattro corni che sorgono al posto del gran corno che era Alessandro Magno (versetti 21 e 22).
Storicamente nessuno dei quattro regni ellenistici durò oltre il I secolo a.C., ciò è da tenere in considerazione per comprendendere il simbolo del piccolo corno, che proviene da uno dei quattro (versetti 8 e 9). Per le azioni del piccolo corno e in particolare per la soppressione del sacrificio quotidiano (versetto 11) esso è da identificarsi con Antioco IV detto "Epifane", sovrano Seleucide, che profanò il tempio ebraico nel 168 a.C.; il tempio fu purificato e messo nuovamente in funzione nel 165 a.C., ciò è commemorato dalla festa ebraica di Hannukkah (detta anche festa delle luci o festa della dedicazione, come in Giovanni 10:22). Le "duemilatrecento sere e mattine" (Daniele 8:14) sono un riferimento alla durata dei soprusi anti-ebraici di Antioco IV prima della purificazione del tempio. Affermare che Antioco IV non ha nulla a che fare con il piccolo corno di Daniele 8, come fanno alcuni gruppi, è un tentativo di interpretazione dettato dal desiderio di cercare un differente adempimento del testo; escludere Antioco IV dall'interpretazione è un errore perché l'unica volta che il sacrificio quotidiano nel secondo tempio ebraico fu interrotto sotto il dominio ellenistico fu nel 168 a.C. (fu interrotto nuovamente nel I secolo d.C. con la guerra Giudeo-Romana, ma in quel momento storico i regni ellenistici erano già terminati).
Il testo di Daniele 8 suggerisce che questa visione riguardi in particolar modo il popolo ebraico e non sia necessario attribuire alla visione una portata "universale". Questi riferimenti al popolo ebraico sono:
-il fatto che dall'inizio del capitolo 8 la lingua originale del testo torna ad essere l'ebraico, la lingua particolare di questo popolo, mentre nella parte centrale del Libro di Daniele (dalla seconda parte del versetto di Daniele 2:4 fino alla fine del capitolo 7, ossia Daniele 7:28) il testo era in aramaico, lingua franca in Medioriente.
-il tema dei versetti 10-14, dove si parla della religione del popolo ebraico, come si comprende dall'uso di termini tipici che possono riferirsi soltanto da essa e non a una religione pagana: "esercito del cielo" al v10 (in questo contesto indica l'esercito celeste di Dio, non semplicemente gli astri); il "capo" di quell'esercito (Dio), il "sacrificio quotidiano", il "santuario" al v11; la "verità" "gettata a terra" nel v12, espressione che particolarmente esclude che si parli di paganesimo; al v13, nuovamente il "sacrificio continuo", poi "luogo santo"; infine al v14 si parla di purificazione del santuario.
-al versetto 24 si parla del "popolo dei santi"; in un contesto ebraico, che è quello del Libro di Daniele (Daniele 1:1-3) sarebbe innaturale e forzato escludere dall'interpretazione il popolo ebraico stesso.
Le ragioni generalmente addotte da chi esclude Antioco IV dall'interpretazione sono legate al fatto che si parla di fatti riguardanti la"fine" nei versetti 17, 19 e 23. Spesso si assume che la "fine" sia il termine della storia umana per come la conosciamo. Ciò potrebbe essere vero, ma in questo contesto non è richiesto dal testo, anzi non è affatto implicato perché il testo, come detto sopra, riguarda in particolare il popolo ebraico e non l'umanità intera. Il montone e il capro rappresentano il dominio achemenide e quello ellenistico, in questo caso visti da una prospettiva ebraica. La "fine" si riferisce al termine del dominio ellenistico sul popolo ebraico o, equivalentemente, indica che la "visione delle sere e delle mattine" (v26) cioè la purificazione del santuario avviene alla fine del periodo storico simboleggiato dal montone e dal capro e riguarda un "tempo lontano" (v 26) dal regno di Baldassar re di Babilonia (v1). Questa indipendenza dal domionio ellenistico fu possibile a partire dalle vittorie in seguito alla rivolta dei Maccabei; proprio le loro azioni portarono alla purificazione del tempio nel 165 a.C. Questa rivolta dei Maccabei portò alla graduale emancipazione fino a un regno propriamente strutturato sotto la dinastia Asmonea.
Un altra ragione per ritenere che la visione del montone e del capro riguardi un preciso momento storico ma non parli della "fine totale" è l'assenza di un tema che è comune invece alle altre parti apocalittiche del libro: l'eternità.
Le rivelazioni di Daniele 2, 7, 9 e la visione finale (capitoli 10-12) parlano dell'instaurazione di qualcosa di eterno (o che dura per sempre):
-in Daniele 2: si dice: "Al tempo di questi re, il Dio del cielo farà sorgere un regno, che non sarà mai distrutto e che non cadrà sotto il dominio d'un altro popolo. Spezzerà e annienterà tutti quei regni, ma esso durerà per sempre" (Daniele 2:44)
-in Daniele 7: si parla di "regno eterno" (Daniele 7:27), "dominio eterno" e "regno che non sarà distrutto" (Daniele 7:14); si dice che: "i santi dell'Altissimo riceveranno il regno e lo possederanno per sempre, eternamente" (Daiele 7:18).
-in Daniele 9 uno dei fini collegati alle settanta settimane è "stabilire una giustizia eterna" (Daniele 9:24).
-nella visione finale (capitoli 10-12) si parla di "vita eterna" ed "eterna infamia" (Daniele 12:2) e di risplendere "come le stelle in eterno" (Daniele 12:3).
Il fatto che, al contrario, nella visione del montone e del capro manchi il riferimento a qualcosa di eterno può quindi essere un indicazione del fatto che tale visione intende rappresentare la fine di un periodo storico, al quale segue implicitamente un altro, in cui nulla di eterno è propriamento instaurato a differenza di quanto avviene nelle altre visioni.
Daniele 2, il sogno della statua
Daniele 7, le quattro bestie
Daniele 8, il montone e il capro
Daniele 9, le settanta settimane
Daniele 10, 11 e 12, la grande visione finale